Il “vero medicamento”
secondo l’abate Zanella.
di Italo Francesco Baldo
Quasi sempre affollata è la farmacia, tanti a ricevere o acquistare farmaci d’ogni genere, prescritti da illustri medici di base, ospedalieri e specialisti privati o autoprescritti secondo la nota leggenda metropolitana e paesana che “il miglior medico sono io stesso”.
La quantità di medicamenti, che viene distribuita, è quasi sconosciuta. Tutti ripongono nelle pastiglie, nelle capsule, nelle fiale, nelle pomate e unguenti, negli sciacqui, nelle inalazioni e altri galenici preparati fiducia per la salute che appare compromessa.
Il solerte farmacista poco prepara dei farmachi, molti li acquista lui stesso e li rivende, consigliando talora questo o quel prodotto a seconda della convenienza, ovviamente salutare.
Tutti noi, entriamo con fiducia, quasi la farmacia fosse un santuario che elargisce miracoli, ma non con l’invocazione o la preghiera, ma con i magici foglietti di ricette, oggi addirittura via etere si prescrive giusto per non sprecare carta, ma non quella moneta, badate bene, perché essa ben circola insieme a quella invisibile che però dissangua il conto… corrente.
A ciò provvede quel gran luogo di salute che è Servizio Sanitario Nazionale al quale deleghiamo la nostra vita, chiedendo e chiedendo visite, analisi, consulti, prescrizioni terapeutiche o tanti farmaci. Non basta, spesso noi in prima persona provvediamo a prescrizioni e chiediamo che vengano eseguite, tanto che perfino i giovincelli della pazzia senile fan esame.
Poi noi stessi ci ordiniamo medicinali e o attraverso il medico, o senza alcuna ricetta li acquistiamo. Peccato che alla fine molti vadano in quei contenitori per medicinali scaduti, ma soprattutto non usati, quando non vengano con leggerezza abbandonati ai cassonetti.
Accanto alla medicina tradizionale, scientifica, una marea di possibilità di guarire con questa o quella medicina omeopatica, ayurvedica, omeomatia e omotossicologica, ecc. o inventata da un sedicente esperto in piramidi di diagnosi o altro, quasi uno stregone. Anche quest’ultimo prescrivere questa o quella medicina che costa, ma che farà senza dubbio bene.
Così tutti alla ricerca di quella teriaca (o triaca), rimedio per ogni male e composta da ben 54 erbe che sarebbe stata inventata da Andromaco il Vecchio, medico di Nerone (I secolo d.C.), il quale descrisse la sua ricetta (De Theriaca) in 175 versi elegiaci. Era per i ricchi quella con tanti componenti, ma ne esisteva una per i poveri, fatta dalle bacche di ginepro. Ambedue però avevano sempre il componente principale: la carne di vipera.
Forse si dimenticava e si dimentica il vero medicamento come suggeriva al giovane neolaureato Gaetano Cappellari Giacomo Zanella (?) nel 1887 il cui messaggio, riteniamo, è ancor oggi molto… molto valido. (Laureandosi nelle scienze mediche l’egregio giovane Gaetano Cappellari, °S.l. : s.n.!, 1887 (Vicenza : Tip. Brunello e Pastorio)
Mille i farmachi son, che la natura
In acque, in erbe ed in metalli ascose:
Di là li trasse con industre cura
Scienza e tutti in tuo poter li pose.
Ma tal farmaco v’ha, che in erbe, in onde,
In metalli natura non asconde;
Farmaco d’ogni mal soave schermo,
Caro più ch’altro farmaco all’infermo;
Farmaco d’ogni farmaco migliore,
Che tu possiedi e non risparmi, il core.