1920: un omaggio nel centenario della nascita del poeta.
da La Voce del Sileno di Italo Francesco Baldo
1920: centenario della nascita del poeta vicentino Giacomo Zanella, il più importante poeta del Veneto, conosciuto e apprezzato, dalle Alpi a Scilla.
Al vate sono state dedicate numerose poesie, oltre cinquanta, che ne illustrano il valore della persona, del poeta, del sacerdote, dell’educatore, del patriota.
Lo Zanella è noto soprattutto per l’ode Sopra una conchiglia fossile nel mio studio che Alessandro Manzoni in omaggio imparò a memoria, come poi tanti fino a quando il ritenere i versi e con seria dizioni riferirli era un buon metodo
per essere “confidenziali” ai poeti.
Non senza ragione il poeta dell’Astichello sosteneva che i
giovani debbono leggere e rileggere i versi e non riferirsi alla critica che più che avvicinare, allontana dai poeti, dall’arte in genere, che richiede una relazione diretta e quasi confidenziale
con l’opera d’arte.
Tra i tanti ricordiamo Lino Pacchioni, nato nel 1899 a Ramodipalo, oggi frazione di Lendinara in provincia di Rovigo, attivo negli anni venti del XX secolo con piccole opere poetiche e tra quelle conosciute, la prima è All’ombra di Titani, [versi] / Lino Pacchioni, prefazione di Giovanni Bertacchi, Vicenza, G. Peronato, 1920, pp.7-12.
Il testo fu pubblicato “A beneficio dei ciechi di guerra”. Le poesie contenute sono quattro sonetti dedicati a Giacomo Zanella nel centenario della sua nascita e un ode dedicata a Vicenza, pp. 13-37, che termina con un riferimento al poeta e all’Astichello. (Nota: questo autore non è da confondersi con il professor Lino Mirko Pacchioni, un bersagliere socio della sezione Alessandro Lamarmora di Torino, che fece una edizione de “La Bella Gigogin”, in occasione del centenario dell’unità d’Italia, Torino, Tipografia “La Rinascente” 1961, canzone patriottica di autore ignoto.)
Il piccolo volume intendeva celebrare Vicenza, il suo paesaggio e la sua storia antica, fin dagli Etruschi e ricordare i titani che son i colli che la circondano e i titani dell’arte della berica città che “rimarranno immortalati nel tuo cuore, / come i tuoi colli antichissimi nella tua grandezza.” Così si ricordano dei sublimi le “leggiadre le giganti moli / del Palladio su morbide colonne” e lo “spirto innovator dell’arte Montagna”, chiudendo con il grande vate; versi che si leggeranno prima della poesia dedicatagli.
Colli e sublimi sono parimenti Titani:
Lino Pacchioni – All’ombra di Titani (1920)
Verdi e speranzosi giovani che stanno
in eterna vedetta!
Fiere ed orgogliose rimembranze
che vivono in eterna memoria!
I secondi non sono meno Titani
dei primi.
Fu questa la prima piccola raccolta del giovane Pacchioni cui il professor Giovanni Bertacchi (1869-1942) ordinario di Letteratura italiana all’Università di Padova e poeta lui stesso con
toni zanelliani, scrisse una Dedica di incoraggiamento all’Autore, allora probabilmente studente all’università patavina.
Balsami di soccorrente amore
Giovanni Bertacchi – Dalla prefazione di All’ombra di Titani (1920)
Leniscano le tante ferite
che Italia a’ suoi figli costò
La patria accresciuta dai prodi
Ascenda nella concordia de’buoni
Per le novelle vie
A’ suoi vaticinati futuri
Seguirono altri lavori:
Il carme dei ludi: in occasione della prima olimpiade universitaria italiana di Roma, Padova, Società cooperativa tipografica, 1922; Ritorno: poemetto con esordio, Padova, La Garangola, 1922; Prima elementare goliardica: giovinezza! Bolletta e salute… e C., studenti dell’Università di Padova, Padova, La Garangola, 1923.
Non si conoscono altre opere: il giovane dopo l’iscrizione a varie facoltà nell’ateneo patavino, non si laureò e, pensiamo, prese la via del lavoro, della famiglia, ma di più non sappiamo.
Ciò che ci interessa sono i quattro sonetti, tra loro legati, dedicati allo Zanella, che qui vengono numerati. Questi colgono aspetti significativi del poeta tra cui quello del suo affetto per la Villetta che si era edificata a Cavazzale di Monticello Conte Otto e meta di pellegrinaggi, e i visitatori, vedendo il fiume Astichello, ricordano la sua importante raccolta di sonetti e anche dei suoi affanni, ma anche precisando che il corso d’acqua porta il nome. I versi “candidi d’amore” inducono a riflettere su tutta la vita del poeta e in particolare quei versi oranti “cantati a meraviglia” che Zanella ha “tuffato” nelle onde del fiume, ma anche donando consigli alla gioventù. La chiusa della poesia ricorda la conchiglia fossile che lo Zanella, “anima bianca chiusa in veste nera” offrì al mondo e non morrà insieme ai sonetti cui dedicò il suo verseggiar sulle minute cose.
I
Divino sognator delle fontane
de l’ombra de’ cipressi e castagneti
de’ gemiti di spine tra i roveti,
di singhiozzi , rimbotti di campane.
Quante volte al pezzente ‘l duro pane
raddolcir i tuoi sani canti lieti,
gentil poeta, nato fra i roseti,
poi che le rondini migrar lontane.
Ma pur, se Dio ad esse la ragione
avesse in picciol parte dispensato,
di quella che usa dar alle persone,
di certo quelle monachine buone
che tu nascessi avrebber aspettato,
festose cinguettando al tuo balcone.
II
Son andato stamani a’ la tua villa
e ho ben visto il parto verde come amavi,
di quel verde, tra cui ti deliziavi
vagando con la cerula pupilla.
Là dentro un buio c’è che ‘l cor assilla;
ci sono nidi ancor appesi ai travi:
ma al par di quando, non alter tornavi,
desolato il fringuello più non trilla.
Di rondini una frotta a la casetta
tua sì è recata prima di emigrare:
che tu rinasca silenziosa aspetta:
ma quando, ahimè, aspetta che t’aspetta,
non ti vedranno a notte ritornare,
ad occidente fuggiranno in fretta.
III
E chi ‘l sa mai se, pure questa volta
passando celer sovra l’Astichello,
una piuma cader dal suo mantello
lasci qualcuna d’esse meno stolta:
o un mesto d’edera, dal muro colta,
scampolo per omaggio al torrentello,
il solo, o vate, del tuo cor fratello,
che al mar riversa la sua chioma sciolta.
E quella chioma mormora a’ la brezza
attraverso i più secoli dei tigli
un dolce monito di tenerezza:
e or comparendo scatta con fierezza,
or dileguandosi detta consigli,
quei che dar tu solevi a giovinezza.
IV
Ed io li sento, Grande Sognatore,
che Vicenza sublimi di tua gloria,
che l’Italian tramanda a’ la memoria
come i tuoi versi candidi d’amore.
Greve lo schianto c’è del trovatore,
che racconti la sua pietosa istoria
piangendo de’ suoi monti la cicoria,
con cui pasceasi senza alcun dolore.
Dentro quell’onde la tua preghiera
Tufffandoli hai cantato a meraviglia.
Presso quella scorrevole criniera,
fin che bruciata non sarà la cera,
fossil riposa pur la tua conchiglia,
o anima bianca, chiusa in veste nera!…
La chiusa della poesia A Vicenza:
il ricordo del Poeta.