L’intervento di Italo Francesco Baldo
al 18mo Premio Letterario Giacomo Zanella.
Sabato 20 maggio 2023, in occasione della premiazione del 18° Premio Letterario Giacomo Zanella dal titolo Un attimo… per sempre , è stata presentata la nuova antologia di racconti dei vincitori e dei finalisti, compresa la Sezione Ragazzi, disponibile gratuitamente nella nostra libreria.
Anche quest’anno abbiamo avuto tre interessanti interventi di approfondimento sulla figura del nostro poeta:
Antonio Scavazza di Chiampo è intervenuto su “Giacomo Zanella e la sua famiglia”, su cui ha redatto un interessante testo con Antonella Burrini dal titolo “Giacomo Zanella uno di noi” edito nel 2021 e contenente inediti e rari documenti.
Claudio Bertolotto di Torino ha narrato di “Un felice ritrovamento: un libro della biblioteca di S.M. la Regina Margherita di Savoia”, su cui abbiamo redatto in febbraio un esaustivo post.
Infine il prof. Italo Francesco Baldo ha presentato il suo ultimo saggio “Antonio Barolini e Neri Pozza per Giacomo Zanella”, uno dei primi saggi di Antonio Barolini del 1934 accompagnato dai disegni di Neri Pozza, i primi pubblicati.
Anche questo interessante testo è disponibile nella nostra libreria.
A seguire il suo intervento integrale.
Sub signo Zanella
Antonio Barolini – Neri Pozza
Gentili Signore – Egregi Signori
Voglio ricordare e dedicare il mio intervento a Martin Kubelik cittadino ceco che ci ha lasciato da poco tempo e che con la moglie Kamila è stato spesso con noi in questa felice circostanza. Amante dell’Italia e in particolare del Veneto con Vicenza e il suo massimo architetto Andrea Palladio, era membro del Centro Internazionale di Architettura e dell’Accademia Olimpica. Il suo ultimo saggio, pubblicato a Praga con la moglie è stato dedicato alle Ville venete. Nel suo ricordo anche l’attenzione per la revisione della traduzione in ceco dell’Ode di Zanella “Sopra una conchiglia fossile nel mio studio”.
La possibilità di esaminare e riproporre quanto illustri scrittori e uomini di cultura hanno prodotto, riflettendo, su Giacomo Zanella, è qualcosa di cui dobbiamo essere riconoscenti all’Amministrazione Comunale di Monticello Conte Otto che da anni con i Sindaci (Alberto Zoppelletto, Claudio Benincà e Damiano Ceron) e l’Assessore alla Cultura Maria Luigia Michelazzo offrono ai cittadini e agli studiosi la possibilità di incontrare aspetti e problemi legati al poeta che nella Villetta di Cavazzale, il suo quieto riposo, ha dato con i sonetti dell’Astichello, fama e gloria a questo angolo di pace nel quale i versi scorrono anch’essi quieti e con tocchi di ironia ci avvertono che nel mondo “è fuggitivo” se si proscrive Colui al quale, pur nelle difficoltà, ci rivolgiamo e più vere sono le sue parole che non quella degli stessi poeti e dei tronfi sofisti.
Quest’anno ci accostiamo a due grandi vicentini che hanno dato molto alla cultura fin da giovani.
Si tratta di Antonio Barolini, saggista, scrittore e poeta e Neri Pozza uomo di varia cultura, artista e punto di riferimento per coloro che della cultura fanno “ragione di vita”.
Furono, i due, amici sin dalla giovinezza e insieme proprio da giovani seppero confrontarsi con il poeta Giacomo Zanella, donandoci quella lezioni che molti “dottorelli” non sanno comprendere, ossia che di fronte ai grandi del passato, prima di tutto bisogna conoscerli e analizzarli e proporre alla luce delle loro opere e non dei propri ipsistici pensieri, una riflessione.
È il caso di questo scritto, breve se vogliamo, ma di rilevanza come lezione per i giovani e non solo.
Siamo nel 1934, è appena uscita l’ultima completa riedizione delle poesie di Giacomo Zanella per Felice Le Monnier di Firenze con l’importante introduzione di Arturo Graf, scritta nel 1910, un testo che fino all’edizione dell’Accademia Olimpica di Vicenza nel 1988 è stato di riferimento preciso.
Le parole di Arturo Graf ben delineano la personalità e l’arte di Giacomo Zanella che seppe sempre unire alle pubblicazioni poetiche e critiche di alto valore, l’eloquenza del pergamo e della cattedra e la saldezza del carattere di sacerdote.
Certo il poeta affrontò difficoltà personali, ma chi non ne ha avuto, ma nel silenzio doloroso lentamente aiutato da buoni amici e da guide serene dello spirito, maturò quella nuova stagione di poesia, che, aprendosi al futuro, trovò proprio a Cavazzale l’origine e il compimento.
Era , infatti, il poeta, capace di congiungere “alla divina poesia – afferma il Graf – l’esercizio umano che, a detta del Pascoli, più con la poesia si accorda: la scuola”.
E – Zanella – fu “maestro incomparabile e caro” perché, testimonia il suo allievo filologo Fraccaroli, “Zanella ebbe in sommo grado l’arte di accendere le facoltà dei giovani con la larghezza del pensiero, con la limpida precisione delle notizie, l’acume dei giudizi e la garbata e talora impetuosa eloquenza dell’esporre.
Egli possedeva insuperabile il magistero di farsi amare e d’innamorare altri al sapere” (Graf, Introduzione, a G. Zanella, Poesie, pp., XXXIII.IV).
Ciò non solo ai tanti studenti che incontrava, ma anche a tante persone che nelle passeggiate lungo l’Astichello incontrava.
Antonio Barolini e Neri Pozza lo incontrarono giovanissimi, nell’età nella quale ci si forma e ci si indirizza nella vita e nella tensione di diventare nei rispettivi campi dei protagonisti.
Nel 1934 Antonio Barolini aveva 24 anni e Neri Pozza 22; due coetanei amici che certo nelle loro conversazioni si interessarono allo Zanella, visitando pure la “villetta” di Cavazzale e ideando una riflessione il primo e dei disegni dei luoghi zanelliani villa e dintorni compresi il secondo.
Barolini, che aveva abbandonato gli studi universitari, nel 1932 aveva pubblicato Cinque canti, sua prima prova poetica (Vicenza, s.n. ma Cooperativa tipografica fascista degli operai, 1932) e a questa prima opera segue appunto l’articolo su Giacomo Zanella. Certo uno studio preciso sulla scia anche delle valutazioni che del poeta vicentino erano state date da Giosuè Carducci, che riteneva impossibile, ma si ricredette, che un sacerdote fosse poeta e della acribia di Benedetto Croce che, seppur leggermente pentito del suo giudizio come ne scrisse a Sebastiano Rumor, aveva ristampato la pungente e poco onesta critica di Vittorio Imbriani e da “laico” non amò certo lo Zanella e la sua fede, pur riconoscendone la capacità, lo ritenne inficiato dalla condizione di sacerdote. Proprio da qui il “dissidio” di cui scriverà il Barolini nell’articolo relativo al solo Astichello (CROCE B., Note sulla letteratura italiana nella seconda metà del secolo 19: Boito, Tarchetti, Zanella, “La critica” V. 2 (1904), pp.367-381), ossia quasi un conflitto tra la visione religiosa e quella dell’arte con una “punta” verso il problema della castità, ricordando in ciò proprio Virgilio.
Ma ecco le parole di Benedetto Croce: “Altra via, così rispetto ai romantici come al Carducci, teneva intanto Giacomo Zanella, anch’egli fu poeta della contemplazione universale e si travagliò sul perché delle cose, sul destino dell’uomo, sul mistero di Dio. Ma il dramma della sua vita intellettuale si risolve, chi ben guardi, in una commedia di equivoci. Come accade a ogni mente non filosofica, le prime notizie che apprese di scienze naturali, generarono in lui il dissidio tra scienza (cioè, scienze naturali) e religione.”
Ma è da ricordare che per la poesia Croce stesso non richiedeva la filosofia, ma l’intuizione lirica e di questo non fu mai sprovvisto lo Zanella.
Barolini accoglie la critica crociana e la ritrova, seppur con serenità, anche in molti sonetti dell’Astichello dove egli individua anche una “anima pagana” che talora si affaccia e abbandona il sacerdote. Un dissidio quello di Zanella che è più forzato che reale a dire il vero se ben si considera tutta l’opera, ma il giovanotto Barolini, come è un po’ costume dei giovani, nello spazio di un articolo volle sottolineare anche nell’Astichello quella problematica che Croce aveva così pesantemente indagato, tanto che possiamo parlare di “acribia” , perché il filosofo non certo apprezzava la critica che Zanella rivolgeva ai filologi e anche all’amato, da Croce, Francesco De Sanctis.
Barolini nel considerare il dissidio dello Zanella tra arte e fede sostiene che il poeta non si diede completamente a nessuna delle due e ciò è dovuto proprio al momento storico in cui visse il poeta tra positivismo e affermazione stretta del dogma cristiano con Pio IX. Ma questo giudizio avrebbe richiesto ben più che un articolo e la più vasta conoscenza dell’intera opera dello Zanella. Peccato che il Barolini non si più ritornato a riflettere sulla poesia dello Zanella e non si sia soffermato sul sonetto XVIIIl
“…Vide l’antico del vestir costume
Ne’ giovani cangiarsi, e la villana
Dal mercato tornar con nastri e piume,
Né si crucciò. Dicea: Dio sol non cangia”
Il piccolo lavoro di Barolini merita però attenzione perché egli invita a leggere e studiare i poeti e a non liquidarli come chi copiando il giudizio dello stesso Barolini, dimostra di conoscere in modo frettoloso il poeta, soffermandosi solo sui versi del III sonetto dell’Astichello, che non piacevano al futuro scrittore.
Di grande interesse i disegni di Neri Pozza, che accompagnano il breve saggio di Barolini.
Neri Pozza aveva già resa nota la sua tensione verso l’arte in particolare la scultura seguendo le orme del padre, ma, come sappiamo, la scultura esige anche il disegno e in questi il Vicentino manifesta appieno la sua capacità, tratti veloci con mano libera e attenta alla descrizione, ma dentro questa il paesaggio acquisisce quanto questo fosse stato caro allo Zanella, che passeggiando nei dintorni del piccolo fiume pensava e ripensava i suoi versi e con gioia li proponeva.
Ben possiamo ricordare questi primi disegni pubblicati di Neri Pozza con il sonetto XXXIX
Disse Natura all’Arte: Io tutto quanto
Nel mondo appar, dall’atomo alla stella,
Dall’elefante al fiorellin che abbella
Della ridente primavera il manto,
Tutto creo, tutto avvivo. E tu col canto
Angusto e con la tacita favella
De’ tuoi colori, temeraria ancella,
Di meco gareggiar t’arroghi il vanto?
L’Arte rispose: Se tu crei, non curi
L’opere tue: di fiori ammanti il campo,
Poi con rapida vece a noi li furi,
Qual se i tuoi parti abbia tu stessa a scherno;
Io colgo a volo un tuo fuggiasco lampo,
E con la rima o col pennel lo eterno.
Così il giovane segue l’essenza di quanto l’amico scrive preferendo mettere in luce un contesto nel quale fiorì la poesia, che pure Barolini riconosce, ma non vuole porre accento sul dissidio, quanto, piuttosto, sulla bellezza del luogo che ancor oggi affascina e che meriterebbe ancor più attenzione di quella bella e importante che gli hanno dedicato gli amministratori, perché l’ambiente zanelliano va conservato e valorizzato, come da più di 18 anni in molti, anche qui presenti con serietà compiono per ricordare almeno che il poeta Zanella non va con spocchia intellettualistica lasciato all’oblio, perché come scrisse di lui Antonio Fogazzaro, anche lui vittima dei dottorelli, più lo consoceremo, lo Zanella e più lo ameremo.
Grazie.
I disegni di Neri Pozza sono pubblicati su concessione della Biblioteca Bertoliana di Vicenza.