Gli aderenti all’Opus Dei di Vicenza in pellegrinaggio al Santuario di Monte Berico in occasione, il 26 giugno, della festa di San Josè Maria Escriva’ De Balaguer, fondatore dell’Opera, ricordano il poeta vicentino Giacomo Zanella in occasione del bicentenario della nascita (1820-2020), il quale ha dedicato alla Madonna, patrona di Vicenza e venerata immagine da secoli, un’ode che è ancora oggetto di meditazione.
GIACOMO ZANELLA
A Monte Berico
27 giugno 2020
A Maria
consolatrix afflictòrum
et iànua caeli
Si ricorda quest’anno il bicentenario della nascita di Giacomo Zanella che ebbe molto caro il culto della Madre di Dio, scrisse La purificazione di Maria tradusse l’Ave maris stella, celebrò in un sonetto XLI il valore del Rosario: “Ave Maria la vecchierella intuona” e la considerò in diverse poesie. Tra le tante meritano di essere ricordate quella Ad una antica immagine della Madonna, che si trova alla Pieve di Chiampo, dove il poeta nacque il 9 settembre 1820 e Alla Madonna di Monte Berico presso Vicenza, pubblicata nel 1875, quando superò un periodo difficile della sua vita e riprese a comporre e a studiare, preparando il suo capolavoro l’Astichello e trovò buona quiete a Cavazzale di Monticello Conte Otto, dove costruì una piccola villetta che vasto orizzonte abbraccia e dove il 17 maggio 1888 iniziò la sua nuova vita, lasciando un messaggio che vale ancor oggi: l’arte e la materna fede.
Alla Madonna di Monte Berico presso Vicenza
Dalla santa pendice, ove i tuoi piedi
O vergine, posasti e di salute
Larga fontana a’ tribolati apristi,
Coll’amoroso tuo guardo materno
La città sottoposta e le convalli
Ampie dall’alpi alla marina esplori
Tuttequante. Ove or siedi, era temuta
Solitudine un dì. Ne’cavi tronchi
Il verde picchio esercitando il rostro
Solo i silenzî ne rompeva. Il sito
Tu di tua man segnasti, o Benedetta,
Alla pia vecchierella; e tempio augusto
Giganteggiò sullo squarciato fianco
Del sublime dirupo. In lunga fila,
Fra il vapor degl’incensi e l’auree stole
De’ sacerdoti salmeggianti, un’onda
Salir di scarno popolo mirava
Dall’alto il Sole, e di votivi doni
L’ara colmar, sia che ostinate lue
Nelle tombe addensasse i cittadini,
O sùbito tremoto intere schiatte
Minacciasse ingoiar. Quanti infelici
Col cruccio in core, o sulle ciglia il pianto
Non salîro quassù, che poi beati
d’intime gioie sconosciute al mondo
Sfidâr le pugne della vita! Appesi
stanno alle mura venerande i voti
Di cento età. Deserti genitori,
Vedove sconsolate, orfani ignudi;
Quanti sinistri han le stagioni e quanti
Dànno battaglia all’uom morbi ritrosi,
Tutti han quassù nella benigna aita
D’un celeste Poter balsamo e scampo.
La tua fida Vicenza e le campagne
Che tortüoso il Bacchiglion feconda,
Signoreggi, o Maria. Quante vicende
Da que’candidti giorni, in cui ti piacque
Coll’umil donna intrattenerti, a questa
ventunesima età, che rovesciando
l’avita Fè più florido sentiero
all’umana famiglia aprir si vanta!
Quante d’antico sangue inclite stirpi,
che a gloria tua questa superba fuga
d’archi innalzâro, or sono estinte!
I regni ancor sparîro: le purpuree toghe
del supplicante Veneto senato
L’altar tuo più non vede. Pellegrina
Per altro calle umanità si avanza,
E d’ammirande invenzïoni e d’arti
Ignote agli avi glorïosa incede.
Ma non sulle compresse ali del foco
I trasvolanti carri; non l’accento,
Come guizzo di folgore, trasmesso
A’più lontani continenti: i mari
Pesati e delle stelle multiformi
Concilî aperti e le spïate cune
Scemano il duol, che per le vie del mondo
All’egro Adamo vien compagno eterno.
Noi quando il cor di lagrime è più pregno,
E nega il labbro alle parole il varco;
Quando n’è duro sostener lo sguardo
D’un volgo altier che a’ nostri mali irride;
Noi quassù saliremo, e nel tuo seno
Da tante spade vulnerato un giorno
Deporremo, o Beata, il nostro affanno,
Come i padri solean. Non la vita,
Sia pur d’agî più ricca e di scïenza,
Verace fior, se alle sciagure umane
Tu, Benedetta, non prepari altrove
Tranquillo porto ed immortale obblio.
“L’amore per nostra Madre sarà come un soffio che accenderà di fiamma viva le braci di virtù, nascoste nel mucchio di cenere della tua tiepidezza”
San Josè Maria Escriva’ De Balaguer